Questa è la lettera che ho ricevuto da Marco Farinatti rientrato ieri dalla Missione nelle Filippine. Anche se personale ho deciso di pubblicarla, senza aggiungere altro, non c’è bisogno. Il cuore batte forte.
Olivia, segreteria Ares.
Ciao Carissima Olivia, siamo tornati. Spero che per tutti sia arrivato il meritato, caldo abbraccio di casa, dei propri cari, del proprio mondo spesso rassicurante abbandonato per due settimane in favore di un mondo nuovo, in gran parte sconosciuto, certamente molto diverso e difficile. La difficoltà altrui è infatti quello che ci spinge a partire, a rinunciare ad un po’ delle nostre sicurezze per cercare di darne a chi certamente non ne ha più. Tutti partiamo e lavoriamo in condizioni difficili chiedendoci se e fino a che punto siamo in grado di aiutare, e le dimensioni delle tragedie in cui ci troviamo improvvisamente inseriti fanno venire i brividi, fanno paura, fanno sentire piccoli, una goccia nel mare…ma spingono a dare tutto per metterla bene questa goccia, bella, limpida, pura. Questo è l’ARES: un gruppo, un luogo, una pancia, un sogno…
Il secondo gruppo, il nostro, è stato tanto ARES. Sono partito preoccupato; non conoscevo diversi soci, altri poco, e solo con qualcuno avevo condiviso tanto. Era la prima esperienza per me da team leader in una missione internazionale, in un ambito di intervento coordinato da strutture internazionali che doveva essere un’unica grande catena di soccorso. Lo scenario di devastazione poi chiariva subito quanto potesse essere difficile. Il gruppo, dicevo. Beh, il cuore è gonfio d’emozione, e di gratitudine. Un gruppo di persone “con la stessa voglia di aiutare chi si trova in difficoltà” (Sacha), che ha saputo “coinvolgere ed essere sempre presente” (Elisa e Andrea), capace di essere “efficace ed incisivo senza mai perdere la dolcezza” (Maicol), con la continua “condivisione dei saperi e competenze” (Irma, alias Monia), “in grado di far superare le paure e il senso di inadeguatezza” (Monica), in cui “tutte le difficoltà sono state affrontate e superate efficacemente” (Carla). E questa, ti assicuro, è stata la sensazione comune anche di chi non l’ha messo per iscritto.
Un luogo, l’ARES, di quelli che comunicano subito la propria storia, la propria anima. Di quelli in cui ti ritrovi anche senza esserci mai stato, in cui riconosci ed impari a riconoscerti. In cui lo spazio, il tuo spazio, si forma subito, o dopo un po’ di tempo, nei giorni, quando capisci che c’è spazio anche per te, comunque tu sia.
Una pancia, capace di scaldarti e proteggerti, darti forza nei momenti in cui la tua non ti sembra sufficiente.
Un sogno, di aiutare, di servire nel significato più nobile del termine, di cercare la speranza, il buono ed il bello nel dolore, nella mancanza, nella disperazione. Un sogno, non un delirio, di donne e uomini che di piccole forze ne vogliono fare una grande, che a questa forza sanno dare le armi della competenza, della professionalità, dell’organizzazione, che cercano di creare la migliore realtà di cui sono capaci a rappresentare questo sogno.
Il sogno di MARCO, che ha saputo trasmetterlo, risvegliarlo, mantenerlo vivo negli anni. Il sogno che abbiamo ricevuto, ritrovato, e che vogliamo, ed ora sappiamo, continuare a mantenere vivo, grande, quasi raggiungibile.
Grazie MARCO, e grazie a te Olivia, che ci sei sempre, che lavori “oscuramente” per permetterci di vivere e far vivere emozioni, di farci sentire vicini a chi sente di essere solo dopo avere perso tutto, a chi ha creduto di morire come tanti altri intorno e deve imparare a sopravvivere.
Grazie a tutti quelli che hanno lavorato in questi mesi ed anni perchè questa missione, qualunque fosse, si trovasse nelle migliori condizioni per partire, per lavorare, per aiutare.
Grazie a chi non è partito, a chi non è stato incluso pur avendo dato la disponibilità, a chi non è proprio riuscito a darla ma avrebbe tanto voluto, a chi è stato vicino dal sito, da face book, con il proprio pensiero e la propria anima.
Ora non è ancora tempo di bilanci tecnici, mentre stiamo già analizzando gli errori, le mancanze, le criticità, per rispondere sempre meglio. E certamente meglio non solo si può, ma si deve.
Ora è tempo, per me, di condividere con te ancora queste emozioni, calde, forti, e condividerle con questa grande “cosa” che è, e continua ad essere, ARES…
A presto carissima Olivia, ti abbraccio stretta.
Marco