4/6: Il Soccorritore chi lo aiuta?

E IL SOCCORRITORE CHI LO AIUTA?

Discutendo con il gruppo psicosociale, a partire dalla lettera di Dorotea, scritta di getto e già pubblicata sul sito, sulle reazioni dei soccorritori, cioè nostre, per esempio sulla frustrazione di non poter partire “a soccorrere” (che è un po’ la nostra ragion d’essere, in quanto soccorritori), o di dover aspettare senza sapere niente con certezza, abbiamo pensato di offrire a tutti qualche informazione (tratta dalla letteratura scientifica) e qualche spunto di riflessione (tratta dalla nostra esperienza in ARES).

 

  • È normale che i soccorritori sperimentino diverse reazioni di stress, quando si trovano ad interagire con le vittime di un’emergenza
  • I soccorritori possono sperimentare una “traumatizzazione vicaria”,  a causa del loro coinvolgimento empatico con il vissuto traumatico delle persone di cui si stanno occupando. Questo contagio psichico può portare il soccorritore a modificare il suo modo di vedere le cose, la sua autostima e la percezione della propria competenza e capacità professionale. Ciò accade perché il soccorritore, nel suo lavoro, è costretto a rapportarsi con forti carichi emotivi, a gestire manifestazioni di angoscia ed aggressività, a confrontare se stesso con le prospettive di morte, dolore e paura che animano le vittime di cui si sta occupando.
  • Ma il soccorritore è anche  sottoposto ad un suo specifico trauma primario in quanto esposto direttamente ad eventi drammatici e stressanti nel suo lavoro
  • In alcuni casi i soccorritori si trovano nell’impossibilità di agire rapidamente nei confronti delle vittime d’incidenti o disastri, assorbono i loro racconti di orrore e dolore e si possono colpevolizzare per questo,  sentendosi impotenti ed inadatti alla tutela dell’altro.
  • Dolore dellimpotenza si ha anche quando, nelle prime operazioni d’intervento, ci si può trovare anche solo a recuperare i corpi delle vittime senza poter “fare più niente” per loro.
  1. 1.       Ma l’impotenza si può sperimentare anche quando non si è messi in condizione di portare l’aiuto che si sa di essere pronti a dare: anche in questo caso i soccorritori devono confrontarsi con un doloroso senso di inutilità.
  • Diamo alcuni  esempi di reazioni psichiche che possono accadere prima, durante e dopo il soccorso, e che possono derivare in:

 

  • Stress positivo normale, dovuto al comportamento adattivo orientato alla sopravvivenza: permette di valutare il pericolo, controllare l’emozione, compiere nel modo giusto i dovuti gesti appresi, finalizzati ad un’azione efficace
  • Stress negativo, che comporta il prolungarsi dello stato di allarme dovuto alla continuità del pericolo o dal contatto costante e continuo con la sofferenza

 

  • Fattori di rischio dello Stress negativo:

 

  1.  1.     Oggettivi:

a)     Eventi che comportano gravi danni per neonati e bambini.

b)    Eventi che coinvolgono molte persone (incidente stradale o terremoto).

c)     Eventi che causano lesioni gravi, mutilazioni e deformazioni del corpo delle vittime.

d)    Eventi che causano la morte di colleghi.

e)    Il fallimento di una missione di soccorso

f)      La necessità di compiere scelte difficili e/o inadeguate al proprio ruolo operativo

g)     La necessità di prendere decisioni importanti in tempi rapidissimi.

 

  1.  2.     Organizzativi

a)     ritmi di lavoro eccessivo

b)    inadeguatezze logistiche degli helper

c)     carenze nei processi di comunicazione

d)    conflitti tra i soccorritori

e)    carenze nei processi di selezione e formazione

f)      carenza di supporto psicologico

 

  1.  3.     Soggettivi

a)     tendenza eccessiva ad identificarsi con la vittima

b)    bisogno marcato di tenersi a distanza dalle vittime

c)     presenza di significative problematiche psicologiche o la presenza di traumi pregressi non elaborati

d)    mancanza di idonee strategie per fronteggiare lo stress o la mancanza di adeguate capacità di valutare la propria tolleranza allo stress

e)    scarsa conoscenza della normale risposta fisiologica e psicologica delle persone di fronte allo stress

f)      lesioni personali

 

Questa è una sintesi di quanto si evince dalla letteratura (per saperne di più fate il capitolo della FAD sulla Psicologia dell’Emergenza, che sarà pronto tra poco), e che molti soccorritori ARES possono aver sperimentato nelle missioni effettuate.

La recente, e ancora in corso, vicenda del sisma in Emilia-Romagna ci ha però anche ricordato che ogni intervento in emergenza è diverso dagli altri, ed ha caratteristiche proprie che spesso non è possibile prevedere in anticipo.

Questo richiede agli operatori dell’emergenza una grande flessibilità, la capacità di adattarsi a situazioni non solo drammatiche (questo ce l’aspettiamo), ma anche possibilmente diverse dalle nostre aspettative, o dal modello organizzativo che conosciamo e che abbiamo contribuito a mettere a punto.

Spesso, come in questo caso, le informazioni possono essere scarse e ambigue, e si verifica una situazione di attesa sulla quale non è possibile esercitare alcun controllo. L’attesa, a volte apparentemente immotivata a fronte della drammaticità delle situazioni e del nostro desiderio/bisogno di renderci utili, e la mancanza di una comunicazione certa, sono invece spesso una caratteristica pressoché costante delle situazioni di emergenza (abbiamo cominciato a sperimentarla, per chi c’era, fin dall’inizio nel porto di Valona).

Questo certamente contribuisce a mantenere alto, a volte in modo disturbante, il livello di arousal, e rischia di trasformare lo stress positivo in stress negativo.

Nella situazione in cui si attende una partenza che non si sa se e quando avverrà, c’è anche la difficoltà di organizzare la propria vita privata nella sospensione. Forse, rispetto a questo, sarebbe possibile attenuare il disagio dell’attesa con una comunicazione, almeno interna all’ARES, quanto più possibile chiara, dando a chi aspetta di partire tutte le informazioni di cui si è in possesso (composizione della squadra, tempo previsto tra l’ok della Protezione Civile e l’effetiva partenza, ecc), in modo da permettere alle persone di sentire di avere almeno un po’ il controllo della situazione, e di potersi organizzare al meglio.

 

Il Gruppo Psicosociale resta a disposizione di tutti i soci ARES, per contatti telefonici, telematici o anche di persona, se possibile (tanto in Emilia pare che non abbiano bisogno di noi!).

Per i nostri recapiti telefonici o di posta eletronica, contattate qualcuno di noi o rivolgetevi alla Segreteria