CONCLUSI CON SUCCESSO DOTTORATI DI RICERCA DEI SOCI BARTOLUCCI E GATTO 1/3/2016-IL COMMENTO DI UN’AMICA:SUSANNA BALDUCCI

Bartolucci

Nella foto Andrea Bartolucci assieme alla Commissione valutatrice internazionale.

 

Il giorno 1/3/2016 ha terminato il Dottorato di ricerca il nostro socio Andrea Bartolucci che aveva vinto la Borsa di Studio finanziata dalla Regione Marche e dall’ Università Politecnica delle Marche in memoria di Marco Esposito, il suo percorso si è concluso con successo e personalmente lo ringrazio per l’impegno e per avere onorato il nome di Marco con il suo lavoro.

Nella stessa giornata ha terminato il suo Dottorato anche la nostra socia Beatrice Gatto, ad entrambi i nostri complimenti.

Segreteria Ares, Olivia.

 

Il commento di un’amica dell’ARES, Susanna Balducci:

Martedì 1 marzo scorso Andrea Bartolucci ha discusso la sua tesi di dottorato, inserito nel corso di “sostenibilità ambientale e protezione civile” dell’università politecnica delle marche.

Mario Caroli ed io siamo stati i suoi co-tutors durante questi  ultimi 3 anni.

Il tema di ricerca di Andrea “Walking with the wounded. Survivors’ behavior in the immediate aftermath of a disaster”, semplificando al massimo, ha analizzato il comportamento dei sopravvissuti dopo un disastro, per dedurne lezioni utili da inserire in percorsi formativi innovativi, che possano fattivamente aiutare i cittadini a prepararsi per garantire una reazione più resiliente ed efficace subito dopo un evento catastrofico, prima che arrivino gli operatori del soccorso.

Andrea in questi anni ha studiato anche all’estero in università inglesi, è intervenuto nelle Filippine con il secondo contingente della Regione Marche a seguito dell’emergenza Tifone Haiyan, ci ha supportato  nell’organizzazione e realizzazione dell’esercitazione Eu Modex 2015 ad Arcevia e molto altro, naturalmente.

Ci ho tenuto a scrivere queste poche righe per un altro motivo, però, che mi sembrava doveroso ricordare con voi e cioè che il dottorato di Andrea, cofinanziato dalla Regione Marche, l’avevamo fortemente voluto, naturalmente supportati da Oreficini, l’anno dopo la morte di Marco. Volevamo intitolarlo a lui. Poi la burocrazia ci ha messo, come fa troppe volte, lo zampino e diventava impossibile intitolarlo a Marco se non volevamo rischiare di perdere il finanziamento. Così questa cosa non risulta ufficialmente ma per me e per chi Marco l’ha stimato ed amato, rimane pur sempre il vero motivo.

Ci pensavo a Marco, mentre Andrea discuteva spigliato e smart la sua tesi.

Sapete tutti che non indulgo facilmente alla condivisione delle mie emozioni, ma mi sono riletta un articolo che mi avevano pubblicato subito dopo la scomparsa di Marco e ho pensato che non potrei trovare oggi parole più efficaci per ricordarlo e per ringraziare Andrea del lavoro fatto, che dà lustro all’ARES, alla Regione Marche, a tutti noi che continuiamo a credere che serva quanto facciamo ogni giorno con passione, nonostante tutto, proprio come faceva Marco.

Prima di riportarvi l’articolo, voglio dirvi che anche un’altra socia ARES ha discusso la sua tesi con Andrea l’altro giorno, Beatrice Gatto. Sono stata sua co-tutor e mi sento di ringraziare anche lei e indirettamente l’ARES per il suo lavoro: “the human rights-based approach to disability in emergency preparedness”. Il tema della sua ricerca ci ha, tra l’altro, permesso di arrivare alla definizione delle prime linee guida regionali per l’inclusione della disabilità nella pianificazione comunale di emergenza.

Sto parlando di contributi sostanziali alla crescita del nostro sistema regionale e nazionale di protezione civile, che sono stati possibili anche grazie all’operato del nostro Marione.

Un abbraccio a tutti voi e uno grande ad Olivia e ai suoi due figli.

Quella mattina, come tante altre volte, l’avevo cercato, prima al cellulare, poi al fisso in ospedale, ma non era già più raggiungibile.

Di lì a poco, il dott. Sestili, direttore della Centrale Operativa 118 di Ancona, mi avrebbe detto che, a seguito di un incidente, era intervenuta l’eliambulanza e stavano rianimando Marco, Marco Esposito, ma che la situazione era “brutta brutta brutta..”.

Poche righe per descrivere una storia cominciata nel 2001, quando il mio direttore, Roberto Oreficini, mi aveva affidato la pianificazione sanitaria di emergenza.

E’ per questo che dal 2003 ho avuto la fortuna di realizzare tanto con Marco Esposito, lui medico del Pronto Soccorso di Torrette, fissato con i traumi e la medicina delle catastrofi, io ingegnere innamorata della protezione civile.

Avevamo formazioni e caratteri profondamente diversi, ma ci intendevamo subito quando si trattava di intervenire nelle emergenze, ci completavamo e bastava poco per decidere insieme che fare, lui con la sua associazione ed io il raccordo con la nostra protezione civile regionale.

Marco era “carigo de passiò”, come si dice in Ancona, rilanciava sempre, puntava alto ed io, invece, ero spesso lì a doverlo ridimensionare, a ricordargli i lacci e lacciuoli della  burocrazia nelle procedure amministrative, ma è stato grazie a questa sua energia che è stato riconosciuto quale uno dei massimi esperti della medicina delle catastrofi in Italia.

Ricordo i mesi passati insieme a programmare e studiare quanto ci serviva per poter coinvolgere gli ospedali e i loro referenti a redigere i piani di massiccio afflusso feriti.

Quante volte ci siamo sentiti dire che ci volevano le risorse per fare piani di emergenza efficaci e noi a dire, Marco per primo, che era invece soprattutto questione di cultura, quella cultura dell’emergenza che aveva nel sangue e per la quale si è speso tanto in tutti questi anni.

E quello spendersi ha dato i suoi frutti, non solo nella nostra regione, anche fuori, persino all’estero. 

C’è stato un momento in cui l’avevano chiamato a Roma, lo volevano a dirigere il Servizio “Emergenza sanitaria” al Dipartimento della Protezione Civile, ma in quell’occasione credo abbia fatto i conti con la sua famiglia, con tutti i suoi impegni e così aveva deciso di rinunciare all’incarico.

La prima prova “vera” è stata quella della notte del 26 dicembre del 2004, in cui siamo partiti alla volta della Thailandia, a seguito dello tsunami.

Poi le emergenze si sono susseguite negli anni: se nel mondo succedeva qualcosa e Marco riceveva una mia chiamata, sapeva che doveva organizzarsi, probabilmente avevano richiesto l’intervento della struttura sanitaria campale delle Marche.

Quante volte aveva lavorato di notte per riuscire a consegnarmi in tempo i documenti necessari ad acquisire i materiali dell’ospedale da campo, oppure schemi e piante per realizzare l’esercitazione che a breve ci avrebbe cimentato.

Io avevo sempre bisogno di prepararmi per tempo, lui cambiava le diapositive della sua presentazione fino all’ultimo istante prima dell’intervento che gli sarebbe toccato, negli innumerevoli convegni a cui abbiamo partecipato, spalla a spalla, coniugando teoria, pratica e umanità in tanti anni di esperienze ed emergenze.

Non solo professione poi, con Marco si facevano sempre grasse risate, di cuore, pronto a cogliere il lato buffo delle situazioni e delle persone, senza scadere mai nella derisione, profondamente convinto che ci fosse sempre bisogno di sdrammatizzare ma anche di qualche parola dolce, se ti sentiva in difficoltà.

Ci siamo confrontati tante volte, anche duramente, ma soprattutto abbiamo lavorato tanto insieme e lui era un gran lavoratore, instancabile, alla ricerca sempre di fare meglio e capace di non arrendersi: lui c’era.

Ora non più, in un attimo ci ha lasciato, ma proprio per onorare la sua memoria e le sue capacità, mi viene da dire qui che tanta energia, tanto lavoro e tanti progetti non verranno meno, Marco ha messo un seme, e ha fatto sì che la piantina si radicasse bene al terreno e germogliasse.

Sta a noi ora continuare ad impegnarci per far crescere quella cultura dell’emergenza, in cui Marco credeva profondamente.

Susanna Balducci