DALLE ZONE TERREMOTATE REPORT N 5

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Il 6 mattina ci svegliamo sotto una pioggia sottile che diventerà incessante e fitta per due giorni consecutivi.

Le attività della nostra squadra, ormai perfettamente integrata tra ARES e APE, proseguono tra i campi limitrofi e il campo base con particolare attenzione agli anziani che sono le persone più fragili di fronte ad un disastro che toglie certezze e abitudini alle quali hanno affidato il senso delle loro esistenze. Abbiamo cercato di recuperare il loro quotidiano con le passeggiate, i loro legami mettendoli in contatto , anche solo telefonicamente , con i cari lontani, provveduto alle loro piccole esigenze, inventato occasioni di svago e aggregazione come la maglia e l’uncinetto, abbiamo tentato di ricreare reti per non lasciarli soli, anche grazie ai volontari e a tutte le persone che ci stanno aiutando.

Ci ha allietato la giornata grigia l’arrivo di Oscar, l’operatore del CUAMM (Comitato Universitario Aspiranti Medici Missionari). E’ stato in nostra compagnia per tutta la giornata e il mattino successivo incontrando le più importanti figure sanitarie, istituzionali e religiose del territorio, per progettare insieme a loro un intervento di aiuto e supporto a lungo termine.

Intanto la pioggia ha esasperato la disorganizzazione del magazzino degli aiuti ma grazie ai volontari che abbiamo chiamato in nostro aiuto, siamo stati in grado di far fronte all’emergenza dell’improvviso freddo.

Andiamo a dormire cullati dal rumore della pioggia e ci svegliamo infreddoliti ma ci scaldiamo subito preparando scatoloni di cancelleria  e  libri da mandare ai bambini di Montegallo.

La giornata va avanti tra incontri di gruppo e individuali, finalizzati a dare una risposta sempre più clinica  e strutturata ai disturbi post traumatici, e organizzazione del campo: abbiamo tutti la sensazione di aver messo la quinta e aver accelerato notevolmente il ritmo del nostro lavoro, ormai consapevoli che il lavoro deve concentrarsi sul dare un futuro e una garanzia di sopravvivenza  ai nostri interventi, cercando il più possibile di coinvolgere referenti del luogo che se ne facciano carico; ora che l’emergenza non è più in rosso, sembra che i bisogni vadano tutti nella stessa direzione di una domanda senza risposta: che ne sarà di noi, di questo paese, della comunità? Resteremo insieme? Ricostruiremo? Ci disperderemo? Quando possiamo cominciare a progettare il nostro futuro?  Non siamo noi ad avere la risposta ma possiamo solo tentare di aiutarli a restare uniti.

Stiamo assieme a persone straordinarie e in grado di trasformare ogni nostro piccolo aiuto in nuove fondamenta.

In serata, in occasione del censimento, siamo andati a Spelonga affogata in un mare di fango sferzato dall’acqua e congelato nella nebbia. Nonostante ciò riusciamo a trovare anche qui sorrisi e speranze.

Anche Barbara a Montegallo e Uscerno si inserisce subito tra la gente di quelle comunità, accogliendo diverse richieste di intervento clinico, e offrendo supporto e calore a bambini e adulti.

Carla Maria Piccinini